La gara di fondo nel fiume incriminato che ha scatenato polemiche tra i nuotatori

Le ultime Olimpiadi hanno messo in evidenza errori del Cio che hanno complicato l’organizzazione dell’evento più importante dello sport. Tante le aspettative che sono naufragate per il protagonismo d’Oltralpe. Un lato positivo c’è; l’assenza di minacce terroristiche

La buona Olimpiade di Parigi disputata dall’Italia in generale non deve far passare sottotraccia la pessima organizzazione francese. Vorremmo essere tutti solidali con chi organizza rassegne di portata mastodontica ma, poiché ogni lavoro ha il difetto (o pregio) di essere giudicato, è giusto discutere il bilancio della manifestazione dei cinque cerchi. Appare inconfutabile la mancanza di aria condizionata nelle camere degli atleti, la pessima qualità del cibo abbinata all’insufficienza di proteine o zuccheri degli alimenti. Nei menù, effettivamente, c’erano troppa poca carne e proteine in generale, con un’alimentazione che non consentiva agli atleti di recuperare dopo le gare estenuanti, sotto temperature piuttosto alte, oltre alle quantità scarse. Non parliamo dell’assenza di conforto nel riposo. Atleti costretti a dormire fuori dal villaggio e alimentarsi in strutture private con l’ausilio di nutrizionisti personali arrivati all’ultimo minuto. Letti di cartone che hanno minato il relax di molti concorrenti. Eloquenti le parole di Thomas Ceccon, medaglia d’oro nei 100 metri dorso, trovato a dormire sotto una panchina nel parco del villaggio: “Mi fossi riposato meglio, probabilmente avrei reso di più”.

Anche il nuotatore britannico Adam Peaty, triplo campione olimpico, vincitore della medaglia d’argento ai 100 metri rana si è scagliato contro l’organizzazione: “Amo il pesce, ma la gente trova vermi nel pesce. Qua non è soltanto non abbastanza buono. A Tokyo – ha continuato il campione di Uttoxeter – il cibo era incredibile, anche a Rio. Ma questa volta… non c’erano abbastanza proteine”. A peggiorare il tutto l’accesso al cibo tutt’altro che semplice, ha ancora raccontato il nuotatore, riferendo dell’attesa di oltre trenta minuti per essere serviti, nella disorganizzazione più totale per la mancata predisposizione di file d’attesa. Non da meno Gregorio Paltrinieri: “Le peggiori Olimpiadi in cui ho partecipato”. E’ assolutamente ingiustificabile per la stampa mondiale non aver posto l’accento sull’assoluta inadeguatezza organizzativa del Cio, che ha responsabilità da vendere. Non può passare inosservata l’ossessione della Senna pulita, che nel fondo di nuoto ha rischiato di compromettere la salute dei partecipanti.

Le gare di fondo che, contrariamente quanto è successo in questa Olimpiade, si sono sempre svolte in acque libere, si sono dimostrate una Caporetto per la tedesca Leonie Beck. La 27enne non ha dubbi su quale possa essere stato il fattore scatenante: “Controllo qualità delle acque della Senna superato con successo”, ha scritto in una storia sul proprio profilo. Beck è tre volte campione del mondo in acque libere e tra europei e mondiali ha conquistato sei medaglie d’oro, eppure nel fiume parigino ha faticato a brillare, arrivando nona nella gara in cui l’azzurra Ginevra Taddeucci ha conquistato il bronzo dietro all’olandese Sharon van Rouwendaal e all’australiana Moescha Johnson. Non sono state un successo anche per giurie, giudici e arbitri questa edizione. In generale, soprattutto in sport complessi come lo judo o la scherma. Gli arbitri della pallanuoto Italia-Ungheria hanno coperto di ridicolo la figura della neutralità e della capacità, tanto che sono stati sospesi dalla federazione. Resta da capire cosa si porterà a casa Emmanuel Macron. Le gastroenteriti degli atleti intossicati dal fiume parigino passeranno, le querele annunciate da Imane Khelif proseguiranno nei corridoi degli uffici giudiziari (a tal proposito una riflessione si dovrà fare), la rabbia del Settebello penalizzato dalle sviste dei giudici di gara si dimenticherà, forse. La nota positiva è che in questo momento di guerra non c’è stata alcuna minaccia terroristica. Il buon lavoro, almeno quello, dell’intelligence parigina è servito.

I Giochi dovevano celebrare la grandeur francese, l’orgoglio parigino e, invece, si sono trasformati in un disastro senza precedenti in cui si è parlato più dei batteri del fiume e dell’inadeguatezza del villaggio olimpico green (senza aria condizionata), da cui molti atleti sono letteralmente scappati, che delle gare. I paesi occidentali, appoggiati spesso da una stampa manichea e servile, questa volta hanno fallito la missione. Una volta tanto è bene ricordarlo. Ora via alle Paralimpiadi… Un’altra storia.

Di Beppe Vigani

Giornalista professionista iscritto all'Ordine dal 1993. Corrispondente, in passato, del Corriere dello Sport e delle Agenzie radiofoniche AGR e CNR, redattore a La Notte, Infront, radio MilanInter e radio Number One, oltre ad altre innumerevoli collaborazioni. Opinionista, attualmente, di Telelombardia e Top Calcio 24-7Gold

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