Max Casacci

Casacci in un’intervista spiega il nuovo progetto nel quale ha coinvolto il famoso regista Sorrentino con cui ha lavorato esclusivamente sui suoni del “nettare degli dei” e i suoi processi di lavorazione

“La dolce attesa, l’ installazione ideata da Paolo Sorrentino, con la messa in scena di Margherita Palli le luci di Pasquale Mari è stato uno degli eventi più attesi  e instagrammati del Salone del Mobile 2025. A dare ritmo a questa attesa è Max Casacci: uno dei personaggi centrali della musica italiana dei nostri anni, fondatore dei Subsonica, chitarrista, compositore e produttore discografico, musicista poliedrico, sperimentatore sonoro. Una ricerca che va oltre i confini della musica “tradizionale”, esplorare e giocare tra registrazioni e manipolazioni delle infinite fonti sonore che ci circondano, senza l’ausilio di strumenti musicali. Dai suoni della natura, ai rumori dello spazio urbano. Dalla collaborazione con Michelangelo Pistoletto  (Watermemories), sui suoni dell’acqua di Biella, fino al nuovo progetto, uscito ai primi di aprile Through the Grapevine, in Franciacorta (Earthphonia III), il nuovo EP realizzato utilizzando esclusivamente i suoni del vino e dei suoi ambienti e processi di lavorazione. Con l’artista torinese, classe 1963, abbiamo fatto una chiacchierata sui suoi incredibili e molteplici progetti.

 Qual è il suono della dolce attesa?

Battiti, fruscii, voci d’acqua, suoni delle foreste, respiri del vento, il canto di una megattera (una balenottera) e trasparenze di cristallo. Un battito sommerso, pulsante. È una composizione che consola senza addormentare, che ipnotizza e stordisce. E che può trasformarsi in apertura, abbandono. E’ un suono che vibra, si dilata e si contrae, proprio come il battito del cuore. Mi è piaciuta l’idea di usare una megattera sia per la creazione di un drone di base, che come evanescente linea melodica. Il mare, il vento, sono suoni capaci di essere molto rassicuranti, adatti a bilanciare la presenza del battito cardiaco che invece è un elemento ambivalente. Può infatti essere percepito come ritmo naturale ma anche come elemento ansiogeno. In questo senso ho fatto anche molta attenzione al dosaggio delle basse frequenze, che devono poter “cullare” l’ascoltatore senza mai superare un limite.

Com’è nato il dialogo con Paolo Sorrentino? Cosa ti ha convinto a dire sì a un progetto così particolare?

Un giorno Paolo mi ha scritto dicendo di avere ascoltato cose molto belle, relativamente al progetto Earthphonia chiedendomi se avessi del materiale inedito da fargli ascoltare. A me è sempre piaciuto moltissimo il Cinema di Sorrentino, fin dai tempi dell’Amico di famiglia che ho vissuto come un’epifania, e non ci ho pensato due volte. Dopo poche settimane mi ha chiamato per spiegarmi il progetto “La dolce attesa” per il quale trovava adeguata l’idea di una tessitura musicale di suoni della natura. Ho cominciato ad impastare dei suoni del vento del mare e della foresta attraversati dal canto di una balenottera. Poi ho visto la bozza della scenografia creata con la supervisione dì Margherita Palli, al centro una sorta di caleidoscopio che nasconde un grande cuore pulsante: un invito a fermarsi ad ascoltare il proprio battito cardiaco. La texture sonora di base l’ho fatta allora muovere con il ritmo cardiaco, i suoni della natura e del cuore umano in qualche modo si incrociano in un abbraccio.

Paolo Sorrentino ha scelto un tema che si muove in controtendenza rispetto al battito frenetico della contemporaneità. Nell’epoca del “tutto e subito” in cui viviamo, la nostra capacità di attendere si è via via azzerata. In contesti anche molto diversi tra loro, durante una coda in macchina, mentre aspettiamo l’autobus, in coda negli uffici postali, in fila alla cassa del supermercato o quando l’esito di un colloquio lavorativo tarda ad arrivare. Per non parlare di quando il PC che ci mostra l’icona dell’aggiornamento in corso, decisamente troppo lungo. Tu come la vivi l’attesa?

Ho letto uno studio inglese: ha calcolato il limite massimo di attesa in media: si perde la pazienza dopo soli 8 minuti e 22 secondi. Mentre a contatto con gli strumenti tecnologici la soglia di sopportazione dell’attesa si abbassa ulteriormente: se si aspetta più di 1 minuto per un download, l’umore inizia ad alterarsi, raggiungendo il picco dopo 5 minuti e 4 secondi di attesa. Sì, viviamo in tempi frenetici, concitati, si sta creando una convinzione diffusa che il tempo meriti di essere vissuto solo se adrenalinico, eccitato, esaltato. L’attesa ci provoca grande disagio perché ci porta a pensare che stiamo perdendo la cosa più preziosa che abbiamo: il tempo. Però è vero che l’impazienza che domina il mondo e le relazioni interpersonali ci fa perdere di vista ciò per cui vale davvero la pena lottare e perché no “aspettare”. Purché ciò non significhi rimandare la propria felicità per conseguire qualcosa domani. Non c’è momento migliore del nostro presente per essere felice.  

C’è una attesa buona e una cattiva?

 Ecco, io credo che sia giunto il momento di passare al tempo dell’attesa con grande apertura del cuore,  ma senza aspettative. Anche perché la vita riserva un sacco di sorprese. Come diceva John Lennon “la vita è ciò che ti accade mentre fai altri progetti”. La vita “accade” ed è proprio l’accadere che ci smuove e ci fa crescere verso dimensioni inimmaginabili. Nella frase di John Lennon c’è una parola che fa la differenza: “mentre”. Il nostro progetto e la vita che ci accade non sono messe in parallelo, ma si intrecciano. Se la poniamo in questo modo, la questione sembra evidente, l’attesa diventa un luogo in cui qualcosa può accadere. Un tempo di transizione. Per questo Sorrentino la chiama “dolce”. Perché l’attesa non è passiva. È sì lenta, ma fertile. Incubatrice. Quello che ci accade nella attesa non ci trova amorfi e passivi, ma attivi. Mi accade anche con la musica: non sono mai in attesa della ispirazione. Non ho la sindrome del foglio bianco. Le idee più belle le trovo quando non le cerco.

L’attesa piu bella per te?

Il momento prima di salire sul palco e sento il pubblico che grida.

Voltiamo suono. In contemporanea è uscito per 42 Records/35 mm l’EP Trough the Grapevine, in Franciacorta (Earthphonia III), composto utilizzando unicamente i suoni del vino e della sua lavorazione, senza usare strumenti musicali. Dopo i suoni della città (Urban Groovescapes), della natura (Earthphonia), questo nuovo sorprendente album è un altro esempio del tuo modo di fare musica partendo da suoni non convenzionali. Hai trasformato botti, cisterne e bollicine in ritmo e armonia, Cosa rappresenta per te questo terzo capitolo? Come nasce?

Tutto nasce da un’esperienza di sonorizzazione  site specific realizzata, durante il Festival della Franciacorta, nelle Cantine Bersi Serlini, per creare un’esperienza sensoriale che oggi diventa un lavoro compiuto. Diciamo che in “Through the GrapeWine”, la forma è quella di un viaggio, che parte con il suono della natura tra i filari dei vigneti, passa attraverso l’oscurità della cantina e arriva anche a comprendere aspetti più “industriali” come il suono delle enormi cisterne metalliche o come il ritmo della macchina etichettatrice. Nessun sintetizzatore, solo rumori reali trasformati in materia musicale: Il rombo di un trattore che diventa linea di basso, “stappi” di bottiglie usati come percussioni, cisterne di vino che mutano in tamburi taglienti, il suono euforico delle bollicine che si liberano nel bicchiere e quello ovattato dei grappoli d’uva che cadono al suolo. Fino ad esplodere in una sorta di rito dionisiaco scandito con cassa dritta (ottenuta dai grappoli che cadono) e bassline ricavata dal rombo di un trattore.

Di Cristina Tirinzoni

Giornalista professionista di lungo corso, ha cominciato a scrivere per testate femminili (Donna Moderna, Club 3, Effe, Donna in salute). E’ stata poi per lungo tempo redattore del mensile Vitality e del mensile Psychologies magazine e Cosmopolitan, occupandosi di attualità, cultura, psicologia. Ha pubblicato le raccolte di poesie Come un taglio nel paesaggio (Genesi editore, 2014) e Sia pure il tempo di un istante (Neos edizioni, 2010).

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