Pino Di Gennaro, "Foresta nomade, bronzo policromo"

La Galleria Previtali di arte contemporanea di Milano accoglie fino all’11 gennaio una mostra dedicata allo scultore pugliese Di Gennaro

Pino Di Gennaro, “Sciame” ceramica

Momenti estatici di felicità. Quando si dice toccare il cielo con un dito. Per  lo scultore Pino Di Gennaro (Troia, Foggia, 1951), in principio sono stati quei momenti quando,  bambino, aiutava mamma Lucietta a fare  l’impasto delle orecchiette, sì, proprio le piccole orecchie di pasta tipiche della Puglia, la sua terra d’origine. L’amore per la scultura è nato lì  (“è  stata mamma la mia prima maestra di scultura”). E ancora oggi l’artista  nella creazione delle sue sculture  ritrova quel gesto di bimbo e  la felicità di toccare il cielo con le dita che danno forma al bronzo, la cartapesta, la ceramica, la cera.
 In occasione dei primi vent’anni di attività, la Galleria Previtali di arte contemporanea a Milano, in via  Lombardini 14  (cerchia dei Navigli), diretta da Lorenzo Valentino (scrittore e giornalista che ha contribuito a fondare, insieme al poeta Giancarlo Majorino, la rivista letteraria Manocomete) nei  luminosi spazi espositivi disposti su  due livelli, accoglie una mostra  visibile fino all’11 gennaio 2025  dedicata all’ artista  pugliese di nascita ma milanese  di adozione (giunto giovanissimo  nel capoluogo lombardo, si è diplomato  in scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera; allievo nei primi anni Settanta del Novecento prima di Alik Cavaliere e poi dal 1972 al 1983 dello scultore Arnaldo Pomodoro). La mostra  dal titolo evocativo Toccare il cielo con le dita, a cura di Jacqueline Ceresoli, è una ragionata selezione di opere prodotte dal 2000 a oggi. E” affondo tattile nella materia. Un volo pindarico nel cosmo verso l’infinito. Un invito a sospingersi oltre il confine del visibile, ma, in questa ascensione verticale, non separarsi dalla corporeità del sentire, dal ritmo fisico del vivente. Con un sentimento di gratitudine verso  la natura e di connessione più profonda. 

Pino Di Gennaro, “Lacrime di cielo”

Una danza di materia e pensiero. In forme plastiche di un ariosa e ritmica leggerezza.  Con una potenza coloristica tutta sua.  Riconoscibile  nel  Blue Klein , intenso e brillante, liquido e vellutato, la sintesi fra cielo e mare. Davanti a una sua scultura si percepisce il dialogo tra la materia e l’artista, ne rivive intimamente le vibrazioni. Per Di Gennaro (che per anni è stato docente di scultura presso l’Accademia di Brera) ogni materiale ha una “voce” diversa: Il colore della cartapesta, la luminosità del bronzo, un bronzo splendente, che assomiglia all’oro, la trasparenza della cera e la tenebrosa  opacità del piombo. Il  bronzo traslucido e patinato, si collega, quasi per arcana magia, alle rugose e palpitanti concrezioni della carta.  
Sculture concave e convesse, verticali e orizzontali sempre in divenire, metamorfiche, contrappunti di pieno e vuoti, luce e ombra in cui “anche il bronzo – come scrive la curatrice Ceresoli – sembra di cartapesta e viceversa. Natura e Cosmo nelle sue opere sono convergenti, come cielo e terra, notte e giorno, giustapposizioni che si ricorrono e completano l’uno nell’altra”. Le sculture,  giocate su tonalità cromatiche e concrezioni materiche con i loro titoli evocativi  ed enigmatici come ” Sciami”, “Pergamene”, “Preghiere”, Appunti ’, riscrivono una geografia della conoscenza oltre i visibile e di una riflessione meno antropocentrica: il creato non è solo per l’uomo. Una presa di coscienza che cambia lo sguardo interiore sul mondo. L’Albero è ricorrente nelle opere di Di Gennaro. Come le api, il loro ruolo fondamentale per l’equilibrio del nostro ecosistema, un microcosmo di comunità, simbolo di cooperazione e armonia la loro organizzazione (l’alveare), a rischio sopravvivenza con l’uso selvaggio dei pesticidi in agricoltura.

Pino Di Gennaro, “Tocco il cielo con le dita”

Danzano sulla parete bianca della galleria Mille Fiori (2023/24), una serie di gioielli-scultura  in ceramica in ceramica policroma smaltata a petali di fiore, coloratissimi, che stanno nel palmo di una mano coloratissime , che al loro interno custodiscono l’impronta lasciata dalle api, sotto forma di piccole celle esagonali. Uno  sciame d’api  (2024) ancora in  ceramica, prende il volo creando un’esperienza visiva e sensoriale unica di poetante stupore.  Nel cielo immerso  nel  bagliore del Blu Klein , saturo e luminoso. Come il colore dello spazio infinito che nella sua vastità incalcolabile può contenere tutto. L’unione tra il cielo e la terra senza un confine o un orizzonte a separarli.
Appunti (2013/17),è una installazione  composta da formelle in bronzo e cartapesta, simili a tessere di mosaico di misure variabili. Segni, solchi e concrezioni in scrittura ermetica, che impaginano lo spazio con un senso ritmico musicale. La trascrizione misteriosa di quel racconto che appartiene alle ‘origini’ del Pianeta. Preghiere realizzate in bronzo e cartapesta colorata nel 2000 evocano rotoli di antiche pergamene manoscritte, segni ed espressioni di civiltà antiche, a scongiurare la scomparsa della scrittura “a mano”, minacciata dalla digitalizzazione e dei rischi posti dai sistemi di intelligenza artificiale .
Sopra il cielo gli alberi  (2019), opera in metallo e cartapesta, sopra, gli alberi, non le stelle, e sotto, al posto della terra, il blu del mare e del cosmo e dell’infinito, lo stesso colore degli alberi. Un’immagine  “surrealista” che apre al sorriso e al sogno di un mondo nuovo.  

Di Cristina Tirinzoni

Giornalista professionista di lungo corso, ha cominciato a scrivere per testate femminili (Donna Moderna, Club 3, Effe, Donna in salute). E’ stata poi per lungo tempo redattore del mensile Vitality e del mensile Psychologies magazine e Cosmopolitan, occupandosi di attualità, cultura, psicologia. Ha pubblicato le raccolte di poesie Come un taglio nel paesaggio (Genesi editore, 2014) e Sia pure il tempo di un istante (Neos edizioni, 2010).

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