Pirelli Hangar Bicocca, a Milano, presenta la più estesa retrospettiva dedicata a Tinguely realizzata in Italia dopo la sua scomparsa

Niki de Saint Phalle e Jean Tinguely, compagni d’arte e nella vita, sono di nuovo, insieme, con due imperdibili mostre a Milano, dove sembrano continuare la loro grande storia d’amore: intensa, passionale, esplosiva. “Uno lo Yin et l’altro lo Yang, Venere e Vulcano, furono i Bonny e Clyde dell’arte”: così descrive il loro rapporto artistico Lucia Pesapane, la curatrice di entrambe le mostre.  “Jean era il movimento, io il colore”, aveva spiegato la stessa Niki.  Della mostra al Mudec in omaggio alla De Saint Phale abbiamo già scritto, in questo articolo raccontiamo invece la grande retrospettiva  allestita all’Hangar Bicocca a Milano (che resterà aperta fino al 2 febbraio 2025)  a cura di Camille Morineau, Lucia Pesapane, Vincent Todolì e Fiammetta Griccioli, in collaborazione con il Museo Tinguely di Basilea, che intende celebrare i cento anni dalla nascita dell’artista svizzero (Friburgo, Svizzera 1925 – Berna 1991), maestro indiscusso dell’arte cinetica.  Una visione di arte visionaria, ribelle, caotica, poetica, che prende possesso con naturalezza  degli spazi di Pirelli Hangar Bicocca  (cinquemila metri quadrati e  più di dieci metri in altezza): un contesto ideale per mostrare le sua macchine rumorose e arrugginite in movimento, perché in passato  in questo edificio venivano costruite locomotive, e  perché anche Jean Tinguely alla fine della sua vita viveva e lavorava all’interno di una  fabbrica abbandonata La Verrerie, e trasformata dall’ artista nell’anti-museo per eccellenza (poi chiuso alla  sua morte).

Tinguely si autodefiniva “un artista del movimento”. “Tutto si muove. L’immobilità non esiste”, affermava. “Oggi non possiamo più credere a leggi permanenti, religioni definite e architetture eterne. Tutto è dinamico. Lavorare con il movimento altro non è che organizzare l’effimero e rinascere”, raccontava l’artista.
Tutto viene trasformato, creando immagini e opere che ci parlano di ciò che l’uomo produce e di ciò che getta dopo aver consumato. Le Machines Inutiles in ferro, acciaio e lamiere e le installazioni assurde Tinguely le creava assemblando con  giocosa ilarità ingranaggi, rifiuti e rottami della società dei consumi, materiali di scarto recuperati chissà dove e che presenta in modo completamente nuovo, assurdo.  Macchine che “non servono a niente” rumorosissime che all’improvviso prendono vita,  con  cacofonici suoni e movimenti inattesi che  sorprendono. Un’estetica del rumore dell’ingranaggio, dello stridere dei bulloni e dei ferri assemblati e quello cigolante delle ruote. L’effetto di questo  gioioso, bizzarro ,caos creativo  e di suoni disarticolati che incarna la poetica dell’artista è dirompente. Capace di aprire a  nuovi immaginari, e divertirci a immaginare ,osservando  l’incredulità della creazione. Perché l’arte di Tinguely è sia celebrazione che parodia dello strapotere della tecnica e della macchina,  sia critica a una società consumistica che genera l’insensato  accumulo di cose (celebrato invece dalla Pop Art) sia  una scatola poetica ,giocosa , infantile, per comunicare e divertire, dove è  evidenti il gusto per il gioco, il senso dell’assurdo, l’ironia. Dove gli oggetti più disparati si incontrano. Offrendo al nostro sguardo stupore e meraviglia infantile.


Il percorso espositivo si apre con  due opere monumentali Cercle et Carré (1981) e Méta-Maxi (1986), scenografiche sculture realizzate assemblando ruote, cinghie, motori elettrici, componenti meccanici, personaggi in plastica e peluche che sbucano da ingranaggi,  che rimandano al concetto di catena di montaggio., tra ruote in movimento e rumori improvvisi, Opere cinetiche monumentali  che si attivano una sola volta ogni venti minuti, per sorprendere il visitatore.  Sbalordisce la  scultura monumentale retroilluminata, composta da una serie di ruote di diverse dimensioni azionate da cinghie, caratterizzate dalle superfici monocrome nere, intitolata Requiem pour une feuille morte (1967), ideata per il Padiglione svizzero all’Esposizione Universale di Montreal, ispirata all’esperienza dell’artista come scenografo per il sipario meccanico del balletto L’Eloge de la Folie del celebre coreografo francese Roland Peti, inscenato a Parigi l’anno precedente Tra le altre opere in mostra, le prime “sculture lampada” prodotte dal 1972, come Lampe No.2 (1972), che include, oltre alle lampadine colorate, un uccello imbalsamato e cavi elettrici in mostra sorprendono L’Odalisque (1989) e Luminator (1991),  opere realizzate con assemblaggi di lampade create dall’artista.  
Fate poi  attenzione a un  imponente scultura a forma di fungo allucinogeno  composta da un mosaico di pezzi di specchi, Le Champignon magique (1989)r che ricorda la unione e collaborazione artistica fra Niki de Saint Phalle e Tinguely: da un lato c’è Nana, dea della fertilità dalle forme generose, caratteristica di Niki de Saint-Phalle, dall’altro  un uomo col sesso eretto, imbrigliato tra le piante creato dall’artista sviizzero. 

 Nel novembre del 1970 Jean Tinguely torna con Niki de Saint Phalle a Milano , in occasione della celebrazione del decimo anniversario del movimento Nouveau Réalisme (1960), fondato da Pierre Restany con la provocatoria esplosione pirotecnica de La Vittoria, chiamata dall’artista anche Il suicidio della macchina, un monumentale fallo dorato di oltre dieci metri (di cui è possibile vedere nel Lab room di Pirelli Hangar Bicocca alcuni disegni preparatori) in piazza Duomo, che il 28 novembre, alle nove, di sera, in piazza Duomo lancia petardi in cielo per quasi mezz’ora, con in sottofondo la celebre canzone O Sole Mio, fino  ad autodistruggersi. Niki inguainata in una tuta di velluto nero, incantò tutti col tiro al bersaglio. Si presentò, infatti, sparando con un fucile Flobert su bottiglie ricolme di colori adagiati davanti a un tabernacolo di tre metri d’altezza formato da animali impagliati, sculture di santi, madonne e crocifissi, issato in Galleria Vittorio Emanuele a pochi metri dal Duomo; e fu subito scandalo.


A fine percorso scoprirete  le Meta-matic, ideate da Jean Tinguely a partire dal 1959: una serie di macchine, dotate di un braccio mobile di una penna a feltro, capaci di produrre disegni disegni astratti su carta con pennarelli colorati sempre diversi tra loro, utilizzando piccoli motori meccanici azionabili dal pubblico. In questo modo l’artista non solo invitava il pubblico a interagire direttamente con le opere, ma stimolava una riflessione sul ruolo della macchina nell’arte e della casualità come elemento creativo . In un dibattito contemporaneo dell’intelligenza artificiale, Tinguely sembra anticipare  con coraggiosa ironia quell’elaborato sistema di interferenze e sovrapposizioni che si innesca nel contatto tra uomo e macchina. I visitatori  sono invitati a fare il proprio disegno inserendo un foglio di carta nella macchina. Acquistando un  gettone  presso il Bookshop di Pirelli Hangar Bicocca per poter attivare l’opera, introducete un foglio in macchina, scegliete il colori del pennarelli da usare et voilà in 20 secondi la macchina dipinge la vostra opera d’arte. Da appendere poi alle pareti di casa. 

Pirelli Hangar Bicocca
Via Chiese 2
20126 Milano

INFO

Fino al 2 febbraio
lunedì-mercoledì chiuso
giovedì-domenica orario: 10.30-20.30

BOOKSHOP
lunedì-mercoledì chiuso
giovedì-domenica 10.30-19.30

BISTROT
lunedì-mercoledì 11-15
giovedì-domenica 10.30-22.30

T (+39) 02 66 11 15 73
info@hangarbicocca.org

Di Cristina Tirinzoni

Giornalista professionista di lungo corso, ha cominciato a scrivere per testate femminili (Donna Moderna, Club 3, Effe, Donna in salute). E’ stata poi per lungo tempo redattore del mensile Vitality e del mensile Psychologies magazine e Cosmopolitan, occupandosi di attualità, cultura, psicologia. Ha pubblicato le raccolte di poesie Come un taglio nel paesaggio (Genesi editore, 2014) e Sia pure il tempo di un istante (Neos edizioni, 2010).

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