Al MUDEC di Milano è presente la mostra su Niki de Saint Phalle, ‘donna e artista’ (come lei stessa amava definirsi), pittrice, scultrice, autrice di film sperimentali, performer

“Ho imparato a contare solo su me stessa. L’opinione degli altri ha sempre contato poco per me. Questo mi ha dato una grande libertà, la libertà di essere me stessa”. Donna e artista (come lei stessa amava definirsi) visionaria, anticonformista, libera e ribelle. Era bellissima. Orgogliosamente femminile e sensuale, una combattente dell’arte, pronta a battersi per l’uguaglianza di genere, innamorata delle culture più diverse e lontane insegue la gioia. Quella di esprimersi. Senza dimenticare il dolore del mondo e degli oppressi. E l’arte di Niki de Saint Phalle  continua a lasciare una fascinazione di libertà e di immaginazione nel mondo di oggi. “Il risultato è femminile perché io sono una donna”, direbbe anche oggi.

La bella mostra al MUDEC di Milano  (visitabile fino al 26 febbraio 2025) è l’occasione per scoprire Niki De Saint-Phalle (Neuilly-sur-Seine, 1930 – San Diego, 2002) e tutta la sua storia, tra amori, crisi nervose e sofferenze., ribellioni e impegno in difesa dei più deboli ed emarginati ha scelto l’arte per sprigionare  la sua rabbia, il dolore e le emozioni. Rompendo gli schemi attraverso intense provocazioni. Per poi ricostruire. Impastava il cemento, forgiava il metallo, modellava il poliestere (la cui respirazione le sarà fatale), saliva e scendeva dalle impalcature con l’agilità di una funambola e l’energia di un manovale. “Voglio erigere sculture monumentali e continuare ad indossare bei cappelli”. Unica donna a far parte del Nouveau Réalisme, affermava perentoria: “Gli uomini hanno il potere, le donne la forza creatrice. Gli uomini hanno il fuoco, io voglio rubarglielo”.

In un allestimento sorprendente, progettato da Corrado Anselmi Architetto con Caterina Sauciuc e illuminato ad arte da Francesco Murano,  sfilano in otto sezioni 110 opere, di cui una decina di grandi dimensioni, oltre a una selezione di opere su carta, video, compresi i vestiti stupendi della Maison Dior che ricordano il suo passato da modella, icona del glamour immortalata da fotografi del calibro di Robert Doisneau per una cover di “Vogue Paris”, Henri Clarke e Arnold Newman, e musa ispiratrice di Yves Saint Laurent e Marc Bohan (“Penso che i miei stivali, i miei vestiti rossi e i miei travestimenti non siano altro che accessori delle mie creazioni”). E mai sede avrebbe potuto essere più consona, viste le ‘contaminazioni’ della sua arte di matrice europea con culture e mitologie diverse.

La prima sezione Fuoco e Volontà è una dichiarazione dei suoi intenti. Come dimostrano i suoi primi Tiri di vernice(tra il 1961 e il 1962 ne effettua circa venti di fronte al pubblico, colleghi o invitati). Una fase che l’ha consacrata come “l’artista con la carabina”:  Niki abbracciava la carabina e sparava: veri e propri spari di carabina, che colpivano sacchetti pieni di vernice, appesi sopra tele o supporti di gesso, per ottenere un’esplosione di colore, la colata. Sparava: al sistema dell’arte, alle convenzioni, a tutti gli impedimenti che impedivano alle donne di essere libere.  Sparava per esprimere  tutta la rabbia e ribellione  nei confronti di una società gestita  da uomin. Non perdetevi il filmato in cui compare anche la performance eseguita a Milano (1970) in occasione del decimo anniversario del Nouveau Réalisme tramite video,

Prostitute, streghe, spose, madri, dee sono le protagoniste irriverenti della seconda sezione, generate negli anni in cui vive un grande amore per Jean Tinguely, il secondo marito, che la introduce nel gruppo dei Nuovi Realisti. Anche se lei resta comunque l’unica donna del gruppo di soli uomini, sarà sempre fedele a se stessa. Inquietano i suoi strambi assemblaggi, in cui distrugge i ruoli femminili tradizionali (madre e moglie) inflitti dagli uomini. E in questa sezione, tra le altre opere, impressiona La Mariée à cheval (1997) e The Lady Sings the Blues (1965), omaggio a Billie Holiday, pioniera per la difesa dei diritti civili degli afroamericani.

Daddy & Mon secret.  “A parte qualche eccezione, la famiglia  è un arena in cui ci si divora l’una l altro”, dichiara Niki. E nel film Daddy, diretto insieme a Peter Whitehea, Niki  de Saint Phalle rivela in modo spietato  il rapporti conflittuali familiari (figlia di un’attrice americana e di un banchiere). Uccidendo infine simbolicamente la figura del padre  predatore a fucilate. Il dolore di bambina per il più inconfessabile segreto e vendetta si mescolano. Vent’anni dopo il rancore lascia spazio al perdono nel libro Mon Secret, (rieditato per la mostra da 24 ORE Cultura) che racconta la violenza subita  da parte del padre quando aveva undici anni .

Nanas. “Amo le curve, le sinuosità, il mondo è rotondo, il mondo è un seno”. La terza sezione è concepita intorno alle Nanas, termine ripreso dallo spagnolo, che significa “ragazzina di piccola statura”, ma era anche il nome della sua prima governante.  Realizzate inizialmente in cartapesta e tessuto, poi in resina dipinta, le  Nana sono la versione pop colorata della Grande Madre dei miti arcaici. Donne imponenti e spesso danzanti. Colorate e leggere nel loro giunonico corpo e con la testa e gli arti minuscoli (in risposta ad una società che piega l’esistenza al razionalismo dogmatico). Tra le fonti di ispirazione c’è sicuramente Antoni Gaudì, così come l’arte africana e sudamericana e le Veneri paleolitiche (si veda ad esempio la ben nota Venere di Willendorf). Nel corso degli ani Niki crea un ‘armata di guerriere, nella loro joie de vivre variopinta,  paladine di una società più giusta e libera da pregiudizi. “Non posso fare a meno di pensare-, diceva-  che (le Nanas) potrebbero creare un mondo in cui sarei felice di vivere”.  E ha sempre prediletto collocare le sue Nanas e le sue forme opulente in spazi aperti, sia di città che di campagna, in un eterno colloquio con l’aria, con il sole, con la pioggia e con il vento, divenendo esse stesse parti della natura.

Sognare in grande. Il Giardino dei Tarocchi inizia a costruirlo  “con folle entusiasmo, niente e nessuno avrebbe  potuto fermarmi”)nel 1978 a Garavicchio, frazione di Capalbio in Toscana, e terminato nel 1998, su terreno offerto da Carlo e Nicola Caracciolo, grazie all’amicizia tra Saint Phalle e la sorella Marella Caracciolo Agnelli. “E ‘un omaggio a quelle donne alle qual, per secoli, non è stato permesso di rivelare la loro forza e la loro creatività , e quando hanno osato farlo, sono state derise, screditate, represse, bruciate come streghe  o confinate in manicomi”. Il parco, realizzato con il contributo tecnico dell’amato marito Tinguely, esperto di creazioni meccaniche, comprende 22 sculture, per lo più monumentali (alte 12/15 metri) , disseminate nel verde del parco,  ispirate alle 22 carte degli Arcani Maggiori del Tarocco e a Parc Güell a Barcellona di Antoni Gaudí, decorate con un mosaico multicolore di specchi, vetri e ceramiche variopinte. Alla terza carta dei tarocchi L’imperatrice, soprannominata la Sfinge e che Niki descrive come “la grande dea, regina del cielo, la madre, la puttana, l’emozione, il sacro magico e la civiltà “, Nichi dedica la statua più grande e nel 1983 decide di viverci dentro.: un ventre nel quale si sente protetta  da tutto e da tutti ( lei e il  il suo mondo interiore).. La stanza da letto e la cucina, completamente rivestite di specchi, sono ricavate nei seni  del’Imperatrice. Il bagno, al livello inferiore, ha un drago ondeggiante blu e rosso al posto della vasca da bagno. (per finanziare il lavoro del giardino ha creato un profumo).

Ed è ‘ tra le pochissime artiste  a realizzare fontane musicali e danzanti,  scivoli arrotondati per i bambini nei giardini e Grandi Giganti Gentili dentro cui giocare a nascondino, fontane musicali, angeli custodi danzanti sospesi al soffitto  delle stazioni ferroviari per salutare e proteggere i viaggiatori e tanto altro, dove tutto è gioco e sogno. Sua è anche la Fontana Igor’ Fëdorovič Stravinskij di Parigi

La penultima sezione mostra Gli oggetti d’incontro, un invito al dialogo , illustra l’attrazione dell’artista per tutte le culture e mitologie: “Mi hanno nutrito, le ho osservate, ho amato così tante cose diverse, che si tratti di arte messicana, amerindiana, italiana o orientale. “Sono una parte di me stessa. Mi sento unita agli altri esseri umani e alle altre culture”.

Chiude il viaggio dentro il mondo di Saint Phalle, La regina del deserto californiano: dopo il suo trasferimento a San Diego nel 1993 Niki de Saint Phalle qui  immagina un parco di sculture in onore di una divinità femminile, Queen Califia’s Magical Circle che la leggenda tramanda essere stata la fondatrice della California. Attorno alla dea Califia otto totem rappresentano gli animali simbolo della cosmogonia mesoamericana. Sono certa che il mondo di Niki  popolato da figure un pò pop  con le sue acrobatiche ironiche Nanas, i suoi spari  dissacranti e liberatori, il suo giardino dei tarocchi specchianti e i totem lussureggianti , dove la vitalità vuole vincere su tutto, a ogni costo,  riempirà  di gioia anche voi.  “L’immaginario è la mia felicità. L’immaginario esiste”.  La vita di Niki de Saint Phalle, si può riassumere in questa sua citazione.

Mostra fino al 16 febbraio 2025 Lunedì 14.30 – 19.30
Martedì – mercoledì – venerdì – domenica 9.30 – 19.30
Giovedì – sabato 9.30 – 22.30
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Di Cristina Tirinzoni

Giornalista professionista di lungo corso, ha cominciato a scrivere per testate femminili (Donna Moderna, Club 3, Effe, Donna in salute). E’ stata poi per lungo tempo redattore del mensile Vitality e del mensile Psychologies magazine e Cosmopolitan, occupandosi di attualità, cultura, psicologia. Ha pubblicato le raccolte di poesie Come un taglio nel paesaggio (Genesi editore, 2014) e Sia pure il tempo di un istante (Neos edizioni, 2010).

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