Pezeshkian, politico ritenuto moderato e parte del fronte riformista, è in testa sull’ultraconservatore Jalili nei sondaggi per il ballottaggio nelle elezioni presidenziali che si terranno venerdì 5 giugno. La differenza la faranno gli incerti che potrebbero preferire il candidato al momento in testa, per l’aperture alle donne senza velo e alla ripresa delle trattative sul nucleare

Alla fine avranno ragione quei giovani che, interrogati sul ballottaggio presidenziale fra Masoud Pezeshkian e Saeed Jalili, ribadiscono l’astensione, proprio come al primo turno, perché la vera alternativa manca. Un’alternativa che non riguarda la prossimità o lontananza dal clero dei due candidati, fra i quali il gradimento dell’unico turbante in corsa, Mostafa Pourmohammadi, è rivolto al riformista. Un sostegno che nei conteggi del preliminare vale poco, duecentomila voti se pure questi si riversassero su Pezeshkian. Di maggior peso, nel distacco che il 28 giugno è risultato di circa un milione di schede a favore del candidato d’origine azera (come Ali Khamenei), risulterebbero le preferenze raccolte da Mohammad Bagher Ghalibaf e che lui stesso ha invitato a rilanciare su Jalili. Orientamenti di elettori attivi. Eppure nella consultazione di domani la partecipazione, scesa al 40% la più bassa nella storia elettorale della Repubblica Islamica, potrà diminuire ulteriormente se appunto il ‘fascino’ che qualche commentatore ha riservato a Pezeshkian per la sua apertura alle donne senza velo e alla ripresa delle trattative sul nucleare, non convoglierà verso i seggi gli incerti. Sicuramente mancherà la partecipazione del movimento “Donna, vita, libertà”, certamente andrà alle urne lo zoccolo duro del conservatorismo clericale e laico, ciascuno arroccato nei propri santuari di potere che sono le bonyad, gli enti di beneficienza che controllano un terzo dell’economia del Paese.

Una donna iraniana senza indossare il velo islamico obbligatorio mostra un segno di vittoria mentre due donne velate dalla testa ai piedi camminano nel vecchio bazar principale di Teheran Credit: Vahid Salemi

Una nota dolentissima l’economia, che i contendenti cercano di rivitalizzare con formule opposte: riaprendo il dialogo con l’Occidente, soprattutto sul nucleare interno, Pezeshkian, per limitare il nodo scorsoio delle sanzioni. Cercando vie nuove Jalili, che contrario a qualsiasi compromesso sul programma di arricchimento dell’uranio rilancia la così definita “economia della resistenza”, avviata da tempo con gli scambi con la Cina, ribaditi ultimamente dalla mediazione saudita. Proprio così. I tempi cambiano, già durante la presidenza di Ebrahim Raisi l’adesione iraniana alla Shangai Cooperation Organization’ ha tamponato i vuoti di mercanzia e di capitali che il boicottaggio del blocco euro-americano produce da decenni. Però diversi studiosi fanno notare come le aperture asiatiche non abbiano prodotto effetti concreti sull’economia. Magari i banchi dei bazari non risultano sprovvisti di mercanzia, non tanto quella interna ma quella derivante dai commerci internazionali, come pure non lo sono del tutto i magazzini di certe industrie. Quel che si vede poco sono gli investimenti. E nei duetti televisivi delle ultime ore che cercano di far presa sull’elettorato comunque deciso a non disertare, giungono le punzecchiate provocatorie: “Il nostro Paese vende il greggio alla Cina, ma con enormi sconti e soprattutto in cambio di beni, non di valuta estera”.

La classe più povera dell’India

E’ Pezeshkian che fa le pulci all’avversario, sapendo bene di non poter proporre molte alternative. Quei contratti parzialmente capestro, evitano alla gestione domestica di tracollare. Lui, qualora venisse eletto, ha fatto sapere di investire Ali Tayebnia del ruolo di ministro dell’Economia. Si tratta d’un elemento prestigioso, accademico, che ha ricoperto quel ruolo dal 2013 al 2017 sotto Hassan Rohani, avviando un contenimento dell’inflazione. Altro momento. Le aperture occidentali dell’epoca finirono azzerate da Donald Trump che, da presidente, volle il disimpegno dalla trattativa sul nucleare e più tardi fece aprire il fuoco su un uomo simbolo per la nazione: il generale Qasem Soleimani, centrato da un drone. Così conteranno ben poco le promesse di sgravi fiscali con cui Pezeshkian ha costellato il primo e secondo turno della campagna elettorale. L’aria che si respira, anche per espressa volontà dello storico nemico israeliano, offre a Jalili, ai principalisti, agli stessi possibili alleati del partito dei Pasdaran argomenti che raccolgono l’attenzione di chi vota e inesorabilmente anche di chi ha deciso d’astenersi.  

articolo pubblicato su    http://enricocampofreda.blogspot.it

Di Enrico Campofreda

Giornalista. Ha scritto per Paese Sera, Il Messaggero, Corriere della Sera, Il Giornale, La Gazzetta dello Sport, Il Corriere dello Sport, Il Manifesto, Terra. Attualmente scrive di politica mediorientale per il mensile Confronti, per alcuni quotidiani online e sul blog http://enricocampofreda.blogspot.it/ Publicazioni: • L’urlo e il sorriso, 2007 • Hépou moi, 2010 • Diario di una primavera incompiuta, 2012 • Afghanistan fuori dall’Afghanistan, 2013 • Leggeri e pungenti, 2017 • Bitume, 2020 • Corazón andino, 2020 • Il ragazzo dai sali d’argento, 2021 • Pane, olio, vino e sale, 2022

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