Al teatro Fontana di Milano è andata in scena una performance omaggio al film “Blue” di Jarman

Una donna in scena sempre girata di spalle. Immobile Ha la schiena scoperta, mentre una lunga e voluminosa gonna della tonalità blu klein le copre interamente gambe e piedi. Attorno lo spazio è scarno, vuoto, freddamente illuminato da dei cilindrici led a luce fissa e bianca posizionati lungo i lati del palco. In questa fissità pittorica, la figura inizia a parlare: il tono profondo, il ritmo rallentato, la voce è amplificata (grazie all’ascolto in cuffia). Pare provenire da molto lontano e il mistero attorno a questa figura è ulteriormente accentuato dal monologo, basato sulla reiterazione di una domanda enigmatica , surreale: “Se una bottiglia verde dovesse accidentalmente cadere?”. La donna fa cadere delle arance (simbolo della purezza e della bellezza della natura) che si accumuleranno sul pavimento e formeranno una piccola piramide, a rappresentare un tesoro elargito ad Adamo ed Eva e il giardino dell’Eden.

Nel quadro successivo, la  misteriosa figura  (la Natura?) abbandona la propria immobilità e inizia a muoversi lentamente, senza mai rivelare il suo volto, spostandosi nello spazio scenico, accompagnata da sonorità che mescolano musiche a sussurri umani. Dall’ampia gonna si comincia allora a intravvedere anche una strana creatura perturbante (Giulio Santolini) muoversi sotto la gonna: si vedono i piedi, le gambe, l’abbozzo di una mano. Un giovane Adamo che perde il Paradiso Terrestre?  

Lo spettacolo performance Thinking blind, ispirato prodotto dalla compagnia bolognese (S)Blocco5, per la regia di Ivonne Capece (che ne è anche interprete, affiancata da Giulio Santolini), neo direttrice del Fontana di Milano, scenografa e costumista Micol Vighi, andato in scena il 20 e 21 aprile proprio al Teatro Fontana,è stata un’imperdibile occasione per riscoprire Derek Jarman – artista geniale del cinema inglese, militante LGBTQ+, scomparso nel 1994. La performance è infatti ispirata al suo ultimo film testamento, realizzato quando ormai era diventato cieco a causa di un virus sopraggiunto quale complicanza dell’Aids dal quale era affetto, il sarcoma di Kaposi che, spesso, affliggeva le persone con Aids – tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90 e  che gli permetteva di vedere esclusivamente nei toni del blu. “La mia vista non tornerà più, la retina è distrutta […] Lampi blu nei miei occhia mentre la sua vista si spegne, Jarman è l’artefice di un giardino-paradiso di fronte alla centrale nucleare di Dungeness: nel più inospitale dei luoghi crea un’opera di incredibile bellezza.  

Il film Blue, sulle ultime fasi della sua malattia, ad è un ininterrotto monocromo blu klein, e da quattro voci fuori campo, fra cui quella di Tilda Swinton,  che si impone la domanda : “If I loose my sight will my vision be halved?” (se perdo la mia vista, anche la mia visione sarà dimezzata?). Blue era cinema da ascoltare , Thinkin blind di Ivonne Capece, arista impegnata da tempo in un percorso sperimentale d’inteccio e incontro fra differenti linguaggi, accompagna lo spettatore nella dimensione dell’ascolto grazie anche all’utilizzo delle cuffie wireless che consentono una riproduzione del suono precisa e, appunto, immersiva.

Scrive nelle note di regia Ivonne Capece : “Thinking Blind è la denuncia di una condizione: la cecità dell’uomo nei confronti di ogni forma di inquinamento: non solo ambientale, ma anche dei pensieri e delle abitudini in cui siamo immersi.  Ma anche l’esortazione a chiudere gli occhi per dare spazio ad altri sensi e accedere a una dimensione visiva alternativa. Ecco allora che il blu, con la sua profondità, si fa invito ad abitare con coraggio gli abissi dell’immaginazione; per (ri)costruire – come fece Jarman – il giardino perduto dentro di sé  attraverso atti creativi di bellezza e generatori di vita”.

Una performance  di grande impatto visivo, e straniante che riesce a evocare e a intrecciare molteplici simbologie e atmosfere. Un invito a vedere chiudendo gli occhi la radice dell’essere umano, in relazione con la natura che lo circonda. Non a caso, nell’immagine finale  della performance vediamo l’uomo a testa in giù, col volto e le braccia coperti da una gonna blu e le gambe in aria – trasformarsi in una forma di vita dalle sembianze botaniche, un arbusto, un albero.  

Di Cristina Tirinzoni

Giornalista professionista di lungo corso, ha cominciato a scrivere per testate femminili (Donna Moderna, Club 3, Effe, Donna in salute). E’ stata poi per lungo tempo redattore del mensile Vitality e del mensile Psychologies magazine e Cosmopolitan, occupandosi di attualità, cultura, psicologia. Ha pubblicato le raccolte di poesie Come un taglio nel paesaggio (Genesi editore, 2014) e Sia pure il tempo di un istante (Neos edizioni, 2010).

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