İmamoğluè chiamato a bissare la vittoria del 2019 che fu annullata, per un ricorso del partito di governo per presunte schede mal conteggiate e lo ottenne
C’è una ferita tuttora aperta nel dominio che il sultano Recep Tayyip Erdoğan ha stabilito nel suo rapporto con la Turchia in atto da un quarto di secolo: la perdita della municipalità che l’aveva lanciato in politica. Lui calciatore del quartiere di Kasımpaşa era diventato primo cittadino della metropoli sul Bosforo e da lì, leader e premier e presidente e presidente assoluto. Eppure cinque anni or sono il partito a cui ha dato l’anima perdeva l’amministrazione delle cinque maggiori città anatoliche (Istanbul, Ankara, Izmir, Antalya, Adana) e di molte altre. Si pensava fosse il segnale della crisi, personale e di regime. Così non è stato. Perché nell’anno del centenario della Turchia moderna Erdoğan si è fatto rieleggere Capo di Stato, si è collocato al fianco di Mustafa Kemal Atatürk, vivendo politicamente molto più a lungo. Domani, l’ennesimo suo uomo Murat Kurum, quarantottenne, ingegnere e padre di famiglia con un percorso professionale e politico dal basso, di quelli che piacciono a Erdoğan perché gli ricordano il suo, cercherà di lavare l’onta e riprendere la città simbolo della patria.
Nelle amministrative in programma è la sfida più attesa davanti a sessantadue milioni di elettori, più di un milione giovani al primo voto, e trentaquattro partititi in ottantuno province per trecentonovanta località. E’ Ekrem İmamoğlu il fantasma da far svanire. Il volto semi-nuovo del Partito repubblicano che nel 2019 vinse per ben due volte. Il risultato di quel 31 marzo lo dava avanti di 15.000 preferenze contro l’uomo dell’Akp, Binali Yildirim, che pure era stato ministro. Il partito di governo fece ricorso per presunte schede mal conteggiate e lo ottenne. Nella ripetizione di giugno il successo di İmamoğlu fu addirittura trionfale: ottocentomila voti in più del rivale. La stella del sindaco faceva sognare i sostenitori del Chp anche per le presidenziali dello scorso anno. Ci pensò la magistratura a fermarlo con una condanna ricevuta a causa di pregresse dichiarazioni che ledevano l’operato del ‘Supremo consiglio elettorale’. I vertici del Partito repubblicano denunciarono l’iniziativa come una censura alla libertà di pensiero, il leader Kemal Kılıçdaroğlu fece un sospiro di sollievo poiché si toglieva di torno un concorrente per le presidenziali, peraltro interno al suo schieramento. Erdoğan di sospiri ne fece due, perché contro l’anziano alevita la ricorsa alla carica sarebbe scivolata sul velluto, come in effetti è stato.
Ora İmamoğlu è chiamato a bissare, cosa non semplice nella Turchia che in due decenni ha mostrato di trasformarsi senza rinunciare all’essenza della sua fede politica, perlomeno fra la maggioranza della popolazione. Porta come dote di buon governo della ciclopica municipalità che sfiora i quindici milioni di abitanti le innovazioni urbane in fatto di trasporti, linee metropolitane, tangenziali verso il nuovo aeroporto Havalimanı su cui, però, dice la sua direttamente il governo, visto che quelle e altre infrastrutture create in giro sono stati i pilastri della rielezione presidenziale di Erdoğan. La partita di Istanbul è una delle sfide di questa tornata amministrativa che non vede più cartelli fra i partiti i quali corrono ciascuno con un proprio candidato. L’unica alleanza a reggere è quella fra gli islamisti dell’Akp e i nazionalisti del Mhp, cementata sull’esecutivo dal quale il presidente ha estrapolato il ministro dell’Ambiente e dell’Urbanizzazione.
Kurum ha svolto per un quinquennio tale mandato con l’osservanza che i fedelissimi riservano direttamente al grande capo. E’ il motivo per cui è stato prescelto per il difficile confronto di Istanbul, pur essendo più un tecnico che un carismatico. Ma la sua competenza e la vicinanza con l’azienda statale Toki, che da lungo tempo presiede l’edilizia popolare e d’emergenza nel Paese, riesce a dargli argomenti per rintuzzare gli attacchi di İmamoğlu sulle carenze e inadempienze della società nella predisposizione di alloggi prima del catastrofico terremoto dell’anno passato e della successiva emergenza, ancora ampiamente deficitaria per la fornitura di case. La rabbia degli interessati si è solo parzialmente stemperata, sebbene sarà più il tema inflattivo e del carovita a far fibrillare il voto in diverse piazze. L’attuale sindaco di Istanbul è fra i colleghi di partito che guidano altre località quello che può trarre vantaggi ben oltre la riconferma. Se vince si lancia definitivamente sulla scena nazionale come alternativa a Erdoğan, che potrebbe tentare di prolungare il mandato avendo come unico ostacolo l’età. A quel punto il Chp dovrebbe ricucire con l’ennesima sigla della politica kurda – il Partito dell’uguaglianza e della democrazia dei popoli, ultima creatura per sfuggire alla messa fuorilegge – che ha i suoi candidati anche in queste amministrative.
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